L’undici ottobre arriveranno a Torino gli artisti più rappresentativi del mondo della comunicazione visiva e daranno vita alla terza edizione del festival dedicato alla grafica. Il pubblico, sia esperto che profano, avrà l’occasione unica di partecipare a veri e propri laboratori esperienziali in cui toccare da vicino le diverse tecniche di produzione grafica. Saranno ben sette infatti i workshop condotti da studi famosi quali lo svizzero Onlab e Copenhagen Signs. Le sei conferenze presenti all’evento daranno la parola a personalità del calibro di Riccardo Catagnano di Saatchi & Saatchi o il bravissimo illustratore Magoz, e ancora Caffè Design, Davide Fornari etc.

Se non siete dei semplici buongustai ma pensate che anche a tavola occorra appagare gli occhi, la testa e il cuore, il libro che vi segnaliamo oggi fa al caso vostro. Edito dalla Taschen e curato da Simone Klabin e Julius Wiedemann, Food & drink infographics. A visual guide to culinary pleasures (iep) è innanzitutto un gioiellino per gli amanti della grafica con le sue innumerevoli immagini e dati visivi. Sarebbe riduttivo infatti definirlo una guida gastronomica, meglio dargli il nome di compendio o esposizione visiva, a cui si accompagna una ricca raccolta di informazioni riguardanti cibo e bevande.

Le illustrazioni di Edel Rodriguez sono semplici e immediate ma proprio per questo capaci di veicolare messaggi estremamente potenti. Nel 2016 l’artista cubano ha pubblicato una serie di caricature del presidente Donald Trump che sono poi diventate virali in rete, fino a trasformarsi in celebri copertine, per testate come Time o Der Spiegel. Rodriguez cattura un fatto, un avvenimento che trasforma in una metafora, in cui Trump appare chiaramente ma solo con un’allusione; se ne riconoscono in genere la bocca spalancata o i capelli biondi.

Fa sempre un bell’effetto quando qualche creativo, con un guizzo geniale, riesce ad unire le sue passioni artistiche. Questa volta il nostro plauso va al designer Butcher Billy e alla sua originalissima miscellanea di musicisti e cantanti trasformati in supereroi. Il risultato è sorprendente: Robert Smith dei Cure è Plastic Man, Morrissey degli Smiths è Superman, Ian Curtis dei Joy Division è Batman. Queste copertine immaginarie create dal designer brasiliano solleticano la fantasia di chi ha amato il post-punk e di chi apprezza l’iconografia dei fumetti americani e, come per magia, quelli che erano già eroi diventano supereroi.

Il film pluripremiato del regista Martin McDonagh si apre quasi subito con la visione dei tre giganteschi cartelloni commissionati da Mildred Hayes. Recitano così: “violentata mentre muore e ancora nessun arresto? Come mai sceriffo Willoughby?” Parlano di Angela, la figlia di Mildred, il cui terribile omicidio non ha ancora un colpevole, campeggiano lungo la strada del villaggio in cui vive e ricordano a tutti che l’uccisione di una giovane donna non ha ancora trovato giustizia. Lo sanno tutti e forse se ne rammaricano anche, lo sceriffo è sinceramente dispiaciuto ma nulla ha il potere di smuovere le coscienze, fino all’arrivo di quelle tre gigantografie, da lì parte tutta la storia.

Rappresentare gli stati d’animo è una sfida notevole per qualsiasi artista perché ci si avvicina a qualcosa che appare irrappresentabile, sfuggente, misterioso. Tanto più, pensiamo, nell’epoca che costituisce il cuore della mostra: tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in cui non solo l’arte ma anche la scienza, la cultura tutta, vissero un grande fermento e un interesse nuovo e originale rispetto alle dinamiche umane e al mondo interiore. Segantini, Previati, Pellizza da Volpedo, solo per citarne alcuni, ci guidano in una ricerca visiva affascinante quanto l’animo umano; fra la melanconia e l’alienazione, la contemplazione e l’empatia fino ad arrivare all’estasi e all’armonia.

Se siete appassionati di grafica, font e anche di “cazzeggio” questa segnalazione fa per voi: c’è una nuova app, si chiama Font Nerd, per divertirsi giocando con i caratteri. L’inventore è il graphic designer Andreas M. Hansen che ha creato un vero e proprio must per gli appassionati del genere. Vi potrete mettere alla prova nel riconoscimento dei vari font, nella scoperta dei type più recenti oppure più semplicemente, nel caso siate indecisi, nella visualizzazione dell’intero alfabeto. Creata da Hansen in due giorni liberi, come ha dichiarato lui stesso, è il gioco giusto per passare un po’ di tempo creativamente.

La storia del graphic design coincide con una visione del mondo che ha accompagnato cambiamenti, rivoluzioni, conquiste e disfatte. E’ il primo pensiero che ci viene sfogliando il volume della Taschen The History of graphic design, volume 1, 1890-1959. Vengono ripercorsi gli sviluppi di questa straordinaria forma d’arte negli anni che vanno dalla fine dell’800 alla metà del ‘900, passando per i numerosi contributi dati; dalla politica all’economia, dal sociale ai mass-media. Sono presenti più di 2000 progetti ed una mole di materiale capace di spiegare cos’ha significato il design grafico per quest’epoca, perché come afferma Helmut Schmid “il design è attitudine”.

Che la grafica sia stata un’arte sono in tanti a ricordarcelo, Toulouse-Lautrec giusto per citarne uno, ma che la grafica lo sia ancora oggi sono in pochi a riuscire ancora a dimostrarlo. Fra questi c’è Peter Stults, un graphic designer di successo con la passione del cinema; crea locandine uniche di film contemporanei scegliendo attori e attrici che poi colloca in scenari totalmente nuovi, come se fossero stati girati tanti anni prima. C’è per esempio James Dean in Drive o Goldie Hawn in Cuore selvaggio.

Non possiamo negare che questa mostra ci piaccia fin dal titolo, ovvero: Revolution. Musica e ribelli 1966-1970. Dai Beatles a Woodstock. Sono passati più di 50 anni da quell’inizio di rivoluzione che rimane ancora memorabile e straordinaria. Crediamo sia indiscutibile il fatto che rappresenti un’esplosione insuperata di creatività nei più svariati ambiti: moda, musica, design, controcultura ecc. ecc. Per chi come noi si occupa di realizzare soluzioni d’immagine non esiterebbe a definirla una vera e propria miniera estetica da cui trarre ancora oggi ispirazione.